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Camici bianchi con la valigia, sia in entrata che in uscita dal nostro Paese. A delineare l'inedito scenario della professione medica in Italia sono dati provenienti dalla Commissione Ue e  dall'Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi).
Dal puzzle emerge che I medici italiani tra i professionisti europei rappresentano il 52% di quelli che espatriano: è la percentuale europea più alta, seguono poi i tedeschi con il 19%. Il numero più alto di medici con la valigia si registra in Veneto: ogni anno ne vanno via 80 su un totale di 1.500 professionisti in fuga; a richiesderli sono soprattutto Regno Unito, Svizzera, Germania, Francia, Belgio, Olanda.
I motivi della fuga sono comuni a quelli di altri lavoratori:  contratto fermo da dieci anni, blocco del turnover,  accesso alla professione più  meritocratico, prospettive di carriera migliori e retribuzioni  molto più alte che in Italia.
 
Nel frattempo le strutture sanitarie si ritrovano constrette a contrastare lo svotamento delle corsie derivante dai pensionamenti ricorrendo a  medici stranieri che - con l'occasione - vengono anche sfruttati. Il dato in questo caso arriva dall'Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi)  che da gennaio 2018 ha ricevuto 1.000 richieste in tal senso, sia da strutture pubbliche che private. Complessivamente l'Amsi ha ricevuto richiesta di contatti per 6.000 professionisti della sanità: in particolare, 3000 medici, 2.600 infermieri e 400 fisioterapisti. Le specializzazioni più richieste sono Anestesia, Ortopedia, Medicina d'urgenza, Radiologia, Chirurgia, Neonatologia, Ginecologia, Pediatria, Cardiologia, Neurochirurgia, Geriatria e Medici di famiglia.
Per quanto riguarda i medici, la Regione che ha avanzato la richiesta maggiore è il Veneto (400), seguita da Piemonte (350), Lombardia (350), Puglia (300), Lazio (250), Toscana (250), Campagna (200), Emilia Romagna (150), Sicilia (100), Molise (100), Abruzzo (75), Liguria (75), Trentino Alto Adige (50), Umbria (50), Marche (50), Calabria (50), Basilicata (50), Valle d'Aosta (50), Friuli Venezia Giulia (50) e Sardegna (50).
 
Il problema è che nella gran parte dei casi si tratta di contratti libero- professionali e di contratti a tempo determinato, sia nel privato sia nel pubblico, con retribuzione da stipendio sindacale, ma in vari casi inferiore nel settore privato: ai camici d'importazione si arriva a corrispondere 7 euro l'ora contro un minimo da contratto pari a 18 euro.