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“Per contenere il fenomeno della resistenza agli antibiotici dobbiamo combattere contemporaneamente su tre fronti: l'uomo, l'animale e l’ambiente. Questo è l’obiettivo  che stiamo cercando di realizzare in Europa tramite Piano d'azione contro la resistenza antimicrobica, da poco lanciato e la nuova relazione che presentiamo conferma  il legame il legame diretto tra il consumo di antibiotici e la resistenza agli antibiotici, sia negli esseri umani che negli animali che producono cibo”. Così Vytenis Andriukaitis, commissario  Ue per la salute e la sicurezza alimentare, conferma il grido d’allarme e la nuova lancia spezzata dalle Autorità europee a favore dell’approccio  “One-health” contenuto nel nuovo Rapporto congiunto (JIACRA Report) appena pubblicato da Efsa, Ema ed Ecdc.  

Il nuovo documento - prodotto dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare, dall'Agenzia europea dei medicinali e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie utilizzando  i dati ottenuti dalle reti di sorveglianza comunitarie Ue per il periodo 2013-2015 - conferma tutte le indicazioni emerse dal primo report pubblicato nel 2015, fornendo dati di  elevata qualità, idonei ad analisi sofisticate.

In linea generale emerge che l’uso complessivo degli antibiotici è più elevato negli animali da allevamento che nell'uomo, ma la situazione varia per Pese e per tipo di antibiotico utilizzato. In particolare, la classe delle polimixine - categoria di antibiotici particolarmente efficaci contro i microorganismi Gram-negativi, che include  la colistina  - risulta ampiamente utilizzata nel settore veterinario ma viene anche  sempre più utilizzata in ospedale per trattare le infezioni multiresistenti.

Tra gli antibiotici  più spesso utilizzati nell’uomo che negli animali figurano  cefalosporine e quinoloni di terza e quarta generazione, considerati particolarmente importanti per la salute umana: il report sottolinea in proposito che la resistenza ai quinoloni, utilizzati per trattare la salmonellosi e la campilobatteriosi negli esseri umani, è associata all’uso degli stessi antibiotici negli animali.  Gli esperti delle tre agenzie raccomandano comunque ulteriori studi per approfondire ulteriormente le influenze reciproche tra uso di antibiotici e sviluppo delle resistenze.

Ad accendere i riflettori sugli antibiotici e sulle radicate consuetudini associate al loro uso è anche  il British Medical Journal che dà conto delle conclusioni cui sono giunti studiosi della Brighton and Sussex  Medical School, sancendo un plateale dietro front  sulla durata ottimale della terapia e sulla necessità di finire il ciclo di somministrazione standard già avviato.

Secondo gli esperti britannici non ci sarebbero evidenze scientifiche a supporto della convinzione che sia comunque necessario concludere la terapia anche se i sintomi regrediscono: anche il futuro delle terapie antibiotiche - dicono - è quello di  ricette personalizzate, da tarare sul paziente e sull’infezione da curare.